L’angolo editoriale

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 Pubblicato in settembre 2020 per il marchio editoriale ALTROVIVERE, apre la collana      @ e-pistolario @

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La filosofia ad Altrovivere

” Domani sera sarò presso Altrovivere a raccontare qualcosa circa il destino ed i limiti dell’umano nell’Antropocene. Sarà una chiacchierata stimolante in un contesto fuori dal comune “
[ Andrea Natan Feltrin- post del 15 giugno 2018 ]

Perché la filosofia in questo luogo?
Qui si sperimentano pratiche di resilienza, la capacità di affrontare momenti di crisi, eventi avversi, senza subire modificazioni.
E proprio la filosofia ce ne offre alcuni indispensabili strumenti.
Ogni nuova problematica che la vita ci sottopone, che sia politica, sociale, personale o inerente al quotidiano vivere è una sfida filosofica, ogni speculazione filosofica è un seme che contribuisce a generare il solido tessuto su cui giorno per giorno si innestano le effimere successioni degli eventi storici, del pragma. E’ il tessuto che li accoglie e li supera, la cultura permanente che costituisce la fonte delle nostra RESILIENZA.

La filosofia ci permette di occuparci dei singoli casi con capacità di discernimento. Non vorrei sminuirne la funzione affermando che ci insegna qual è il significato del “buon senso”. La cultura permanente, non solo graficamente, è speculare al termine perma-cultura di cui in questo luogo, e non solo, si cerca di applicare i principi e che potremmo proprio definire “ disciplina del buon senso “, un buon senso che, se vogliamo superare molte delle criticità del nostro tempo, va indirizzato con forza alla nostra relazione con la natura.
La “Gilda della Sapienza” aperta da Andrea Natan Feltrin.

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L’arte ad Altrovivere

Definirei l’arte come il massimo contributo all’individualità, nel ruolo di partecipare, nell’espressione di ciò che a tutti è comune. Rende manifesta la spiritualità che ci accomuna e nel contempo crea comunione. E’ un linguaggio infatti, e come tale mette in relazione le persone e ogni cosa.

Ecco perchè non può mancare l’arte nel progetto in corso di Altrovivere, che ha come obiettivo la ricerca di un mondo migliore. Una società migliore e un pianeta in equilibrio non possono che essere il risultato di una diversa relazione tra gli individui, nei modi e nella sostanza, ricorrendo a un nuovo linguaggio che porti alla scoperta e riscoperta di nuovi e vecchi valori.

Ogni sperimentazione che si intraprenda in questa direzione parte da forti motivazioni e idealità,  ma porta con sè l’indeterminazione e il rischio dell’oblio. Al contrario, l’arte è un atto immediato e preciso, arriva subito al cuore, rimarrà e svolgerà di continuo la sua funzione. E quando viene ispirata dagli stessi nostri contenuti, ci coinvolge in profondità e non può che diventare un veicolo preferenziale.
La “Gilda dell’arte” nasce per questo.

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Azioni, Inter-azioni, Pro-azioni

NO! Clicca e rispondi NO!*
…..se sei disponibile e quando. Qualcuno lo sarà per te!
Fino a individuare un comune obiettivo, quando una sola azione sarà per tutti.

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Mappare il territorio

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Progettiamo la fitodepurazione

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♦ I concerti psiche-delici

♦ Essere evento

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Lana di pecora da tosatura

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Sai usare l’A-frame (livella)?

“…..UNA SOLA AZIONE SARA’ PER TUTTI ”

Le misure preventive del contagio da Coronavirus interrompono repentinamente la possibilità di inter-agire anche nelle attività di  produzione del nostro cibo e nelle pratiche condivise di autosufficienza.

Ci offre però l’opportunità di comprendere il significato di questo auspicio: ” …una sola azione sarà per tutti ”

Auguriamoci di essere altrettanto solidali nelle pro-attività future, liberamente scelte, alla ricerca del NOSTRO benessere.

*NON cliccare più! Sto cercando uno strumento di incontro e scambio che non ci obblighi a condizioni lesive della nostra privacy.
         Esilarante? Ebbene sì, salvo ricorrere al codice Morse… forse.

Nel frattempo, se vuoi che progettiamo insieme un futuro più umano, manda un messaggio.

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” Le Gilde del Bosco “

Progetto di transizione:

Le Gilde del Bosco “ comunità intenzionale diffusa, flessibile,
non necessariamente stanziale……..imperfetta.

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Sperimentare l’autosufficienza ispirandosi ai principi della permacultura e adoperandosi per il recupero di valori su cui fondare un autentico benessere. Un ecosistema di persone che ricalchi la struttura dell’orto sinergico in quanto ognuno agisce a beneficio reciproco e quindi del sistema.

Cura e rispetto della terra, cura e rispetto della persona, contenimento dei consumi, sono le etiche.

L’intento è quello di autoprodurre i beni primari affidandosi alle risorse del luogo e di vendere o scambiare l’eccedenza e ciò che l’ingegno e la creatività collettive ci regalano.

L’obiettivo è quello di recuperare la dignità e la pienezza dell’essere, che scaturisce dalla possibilità e libertà di scegliere (lo stile di vita, il cibo in primo luogo, le fonti di conoscenza, il governo, le amicizie…) senza costrizioni, dall’opportunità di scoprire e mettere a frutto i nostri talenti, dalla libertà di impiegare il tempo secondo i nostri bisogni, di disporre di momenti da dedicare allo spirito e alla cura di noi stessi e di un contesto conviviale e collaborativo.

Abbiamo tre ettari di bosco da cui partire per sperimentare un tipo di relazione umana e di interazione economica che, almeno al suo interno, possa prescindere dalla competizione e in larga misura dal denaro, pur interagendo anche economicamente con l’esterno, e che possa rivelarsi come concretamente alternativo all’attuale contesto in cui viviamo.

Operiamo in e per un contesto rurale sostenibile e resiliente, che non arrechi danno all’ambiente e alle persone, che anzi diventi rigenerativo per noi e per la terra.

Auspicando la nascita di modelli simili e la loro riproducibilità, si può immaginare di allentare la pressione di un’economia di mercato che soffoca i nostri più profondi bisogni e depaupera di risorse il nostro pianeta.

Visionari forse, ma anche pragmatici, determinati e coraggiosi.

Per partire:
— tre ettari di bosco affacciati sul lago di Garda
— 2000 metri di terreno terrazzato
— un rustico molto spartano o posti tenda per l’alloggio temporaneo (700 metri a piedi)
— la possibilità di cimentarsi in un proprio progetto con l’appoggio e l’aiuto del gruppo
— la possibilità di partecipare al progetto di un altro componente
— la pace e il recupero del giusto ritmo nel dedicarsi alle mansioni quotidiane
— la libertà di partecipare saltuariamente in base al proprio tempo

Nessun vincolo, salvo il rispetto della terra e delle persone, secondo i principi che insieme stabiliremo (La Costituzione)

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Che mondo può incontrare un wwoofer sul suo cammino?

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Non sempre quello delle meraviglie, anzi a volte piuttosto grigio e piuttosto noto, anche quando si incontra la permacultura. Il bello è che chi sposa i suoi principi e la loro messa in pratica, se lo fa per amore e convinzione, è per coronare il sogno di un mondo migliore, più consapevole ed equo, più rispettoso dei bisogni profondi dell’uomo e dell’ambiente in cui vive. Vero è che, anche quando in fase di rodaggio il matrimonio non possa essere esclusivo, ciò non arreca danno, rimanendo invece incancellabile il contributo positivo all’equilibrio degli ecosistemi e, per chi lo concepisce, al progresso dell’umanità.
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Sì, sì belle parole! Non è piuttosto che ti ritrovi semplicemente ad aver contribuito alla crescita di un’azienda che non è la tua, senza poi partecipare dei risultati? In effetti un aspirante contadino che non abbia un pezzo di terra difficilmente può sentirsi appagato. Viaggiando poi, non si incontrano solo permacultori innamorati e determinati, ma tante diverse realtà tra cui anche chi fa della permacultura, come di altre pratiche etiche, la facciata per un nuovo target di clienti e un nuovo bacino di fornitori. Non è difficile incappare in chi ne applica le tecniche senza condividerne tutti i valori, ma c’è anche chi li mercifica riducendoli a mere parole attrattive. Quel che è peggio in questo modo è che la permacultura stessa subisce uno svilimento e se queste modalità dilagassero, rischierebbe di perdere la sua forte potenzialità nell’indirizzare il mondo verso l’autoconservazione, la pace e l’evoluzione positiva.
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D’altro canto nella pratica, per quanto le sue tecniche tendano a ridurre le energie impiegate, essa non può essere applicata dal singolo se non in misura molto parziale, colludendo giocoforza con le regole di mercato, salvo votarsi all’eremitaggio, con la consapevolezza perdipiù di non raggiungere l’obiettivo principe dell’autosufficienza, neppure chiudendosi al mondo, o limitandosi ad agire solo per sé. Scegliendo la solitudine, l’intero progetto risulta svuotato del suo vero senso, per la ragione prima che non è sostenibile.

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Perché allora non applicarne i principi partendo dalla costruzione di buone relazioni tra le persone, base indispensabile per una nuova economia, piuttosto che partire di colpo con un pezzo di terra da condurre da soli? Quale utopia è meno illusoria?

Perché non impegnarsi a creare condizioni che tolgano funzionalità all’atteggiamento predatorio dell’uomo? Il pezzo di terra, che allora saremo maturi per condurre, ci ringrazierà! Solo partendo da una nuova scala di valori potrà avvenire un matrimonio proficuo con la terra, e un pezzo di terra potrà accogliere più persone in piena sostenibilità.
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Grazie compagni di avventura, per avermi stimolato a queste riflessioni riportando alla luce il senso della mia iniziativa e della sperimentazione comune a cui tende.

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2014-11-26-AltroVivere (23)

Progetto di transizione:

Le Gilde del Bosco “ comunità intenzionale diffusa, flessibile, non necessariamente stanziale……..imperfetta.

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La Permacultura

Francesca Simonetti e John Button

Francesca Simonetti e John Button

L’incontro con la permacultura è avvenuto nella mia prima esperienza come wwoofer. È successo in una serata di stelle alla festa sotto il tendone, dove il bongo malinconico riscaldava e sosteneva come ogni sera le mie percezioni. “Chi sei?” “Sono wwoofer da Henriette, e tu?” “Mi occupo di permacultura. La conosci?” “Sì forse, sì, sì, ma non so ancora spiegare cos’è, sento con certezza che è nelle mie corde.” Franci, agronoma e progettista, oggi è qui con John, permacultore designer, che dall’Australia ci porta gli illuminanti principi di Bill Mollison. Ora possiamo capirci.

 

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Forti emozioni

ufo

ufo

La soggezione, che scaturisce dalla consapevole inadeguatezza a interagire materialmente col bosco e le piante, mi spinge a metter mano innanzitutto alle cose inanimate. Così, almeno per ora, non farò troppi danni.
Accatastavo dunque dei vecchi coppi quando il silenzio venne all’improvviso interrotto da un potente gracchio, poi un altro e forse un terzo. Un tuffo al cuore e mi arresto, è così vicino, un’occhiata adrenalinica verso est e un nero rapace maestoso si alza in volo in direzione sud a pochi metri da me. Qualche battito d’ali di cui percepisco la  potenza dal rumore dell’aria che sposta e poi, immobile, disegna di nero un nitido ritaglio di cielo, fino a scomparire oltre le chiome degli alberi. E decanta l’inaspettata tensione che aveva sospeso ogni mio contatto col tempo.
Lo racconto alla prima occasione e poi internet per dare un nome a questo magnifico volatile. Aveva il becco adunco tozzo e giallo, le dimensioni di… una giovane aquila forse, no non può essere, l’aquila ha un piumaggio più spettinato, questo è liscio come una scultura di marmo levigato, l’aquila ha colori più sfumati, questo è nero come la pece. Una cornacchia nera, un corvo imperiale o un falco allora, ma il becco giallo, più corto e ricurvo, mi farebbe propendere per il gracchio alpino, anche se il verso piuttosto grave me ne discosta. Con un cellulare più evoluto del mio, una foto avrebbe risolto il problema dell’identificazione, ma anche in quell’occasione sarebbe stato un elemento di disturbo, un intruso guastafeste.

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Il sottobosco

Sottobosco

Sottobosco

Un vero e proprio scrigno di erbe ed arbusti, le specie più inaspettate per chi è meno esperto, o per chi come me ha studiato la botanica e la farmacognosia sui libri. L’elegante e scontroso biancospino, lo spartano pero corvino, la rosa canina e la cavallina, i ginepri, la ruta, l’aglio, le artemisie, il pungitopo, gli iris, le orchidee, le primule e le pervinche, le ginestre, edere, felci, funghi……. E, dominante, lo scotano (Cotinus Coggygria) tinge il sottobosco di diverso colore secondo la stagione: in primavera è rosa per effetto dei suoi impalpabili fiori che lo circondano di una nuvoletta simile alla nebbia (si chiama anche albero della nebbia), d’estate, col suo verde piuttosto comune, si riposa dietro le quinte confondendosi con la vegetazione circostante, d’autunno esplode protagonista tingendo di rosso e di giallo prima il bordo e poi, come macchie d’inchiostro sfuggite dalla penna, le pagine delle sue foglie, fino a dipingere ogni sua parte di rosso vivo. E il pendio appare di fuoco.

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L’ostrieto

L'ostrieto gardesano

L’ostrieto gardesano

A 450 metri circa sul livello del mare, in questa particolare posizione che gode della vista del lago posto ad ovest e ne respira le tiepide brezze, è l’ostrieto ad insediarsi. Tra i suoi elementi strutturali l’orniello (Fraxinus ornus), quello che in Sicilia produce manna dalla sua corteccia. E’ così frequente che in primavera colora il versante di bianco coi suoi lievi e abbondanti fiori a grappolo, di poco anteriori a quelli meno evanescenti della robinia. La quercella (Quercus pubescens), che si ricopre di nuove foglie dopo aver alfine abbandonato le sue al termine dell’inverno, è disseminata numerosa in tutto l’ostrieto. I robusti carpini (Ostrya carpinifolia) ne costituiscono l’ossatura. Ma ci sono anche due specie non autoctone, una delle quali, il cipresso, ormai abita qui, nutre i nostri scoiattoli con le sue coccole e costituisce un elemento indispensabile del paesaggio gardesano. Il pino invece è un ospite che nel tempo è diventato… indesiderato. Per forza, non si trova bene qui, non si sente a casa sua, è triste e si ammala, quasi barcolla rischiando di schiantarsi a terra. Abbiamo voluto portarlo qui per riforestare dei terreni brulli, e quando c’è un’emergenza non si va tanto per il sottile.

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